Mese: settembre 2018

TURISMO  CULTURALE –  SOSTENIBILE – ENOGASTRONOMICO                                       ( San Demetrio Corone, uno scrigno di cultura, eccellenze e genuine tradizioni )

TURISMO CULTURALE – SOSTENIBILE – ENOGASTRONOMICO ( San Demetrio Corone, uno scrigno di cultura, eccellenze e genuine tradizioni )

 di Angelo Lino Luzzi  (c)

                SAN DEMETRIO CORONE

                  

Nel Nord-Est Calabria, adagiato sulle colline della pre Sila greca si estende San Demetrio Corone, paese arbëresh .

 

Il suo territorio domina quel naturale anfiteatro, dove la platea della Sibaritide, incorniciata dai monti del Pollino e dal colto Jonio della Magna Grecia e da tutte le colline di uliveti e vigneti circostanti e  degradanti a valle, fà da regia sul palcoscenico di un suggestivo paesaggio che offre immagini di incontenibili emozioni.

                                                    

Panorama San Demetrio Corone                                             San Demetrio Corone

San Demetrio Corone è capofila degli altri comuni Italo-albanesi dell’Unione Arberia, vicini ed allineati in poco più di 35 Km, con il loro territorio e con il patrimonio linguistico vivente, essi sono: San Cosmo Albanese, Vaccarizzo Albanese, San Giorgio Albanese e Santa Sofia D’Epiro.

 

San Demetrio C.- panorama                            In fondo: S. Cosmo A. e Vaccarizzo A.

 

La pianura di Sibari                                     Macchia A. e porto di Corigliano

Questi cinque paesi insieme alle loro frazioni occupano questo straordinario territorio sulle colline comprese tra i 150 e 5oo metri slm e che verso nord sfiorano meno dei 40 metri slm e a sud alture, serre, crinali, con punte che vanno oltre gli 800 metri slm sulla PreSilagreca.

    

 

Abitano qui  parte dei discendenti di Giorgio Kastriota Scanderbeg sfuggiti dall’invasione ottomana e che trovarono sulle colline della pre Sila un ambiente simile ai territori lasciati.

           

 

Con il nome  Arberia, preso in prestito dall’Unione di questi comuni, si identifica in generale, la diaspora Arbëreshe disseminata sul territorio italiano e formatasi dopo le varie emigrazioni iniziate subito dopo il 1468 e continuate fino al 1800, a parte quella eccezionale dell’agosto 1991 simile ad un esodo biblico che ha segnato per la prima volta l’emergenza immigrati in una Italia impreparata all’accoglienza,( stadio di Bari e Restinco).

      

  

 

Dei 52 insediamenti italo-albanesi presenti in Italia, ben 35 sono ubicati in Calabria e tutti, indistintamente si tramandano da più di 500 anni lingua, usi e tradizioni. La lingua parlata, oltre all’italiano è l’Arbërisht, il rito religioso è quello greco-bizantino.

Questo territorio ha legato i cinque paesi per fatti e vicende  storiche di nazionale importanza, consolidando  ancor di più il loro senso di appartenenza. Da sempre tramandano questa sorta di laboratorio della compatibilità tra la conservazione di fondamentali ed irrinunciabili tradizioni,  beni naturali ed antropologici, enogastronomici e l’innovazione nelle diverse attività umane.

 

    

    

       

Senza alcun dubbio, la loro presenza nel corso dei secoli ha offerto esempio di integrazione e convivenza tra popoli e tradizioni chiesastiche diverse. Gli ARBÉRESH tutt’ora residenti, nonostante la pressione delle moderne culture dominanti, resistono  e tramandano il loro patrimonio identitario da oltre  cinque secoli.

Ancor prima degli Albanesi, questo territorio accolse passaggi e testimonianze di : Greci (VIII – V secolo a.C.), Bruzi , Romani (IV-III secolo a.C.,  Longobardi e Bizantini VI sec., etc..Tutti hanno lasciato più diffusamente tracce evidenti del loro passaggio.(rinvenimenti di monete antiche ed altro).

Punto di riferimento di questo territorio è  San Demetrio Corone , luogo dotato di eccellenze e specificità a 521 slm. In origine la località chiamata Santo Dimitri, uno dei casali del feudo del Monastero di Sant’Adriano, era abitato da contadini autoctoni. Venne non fondata , ma ripopolata dalla venuta degli Albanesi a partire dal 1470.

Dopo l’Unità d’Italia, per distinguersi da un altro comune omonimo in provincia di L’Aquila,  con Decreto Reggio del 04/01/1863 assunse la specificazione di Corone in ricordo della cittadina del Peloponneso da cui provennero molti profughi nel 1533.

Dei  Coronei, non si ha nessun documento attestante il loro arrivo a San Demetrio Corone e tanto meno di titoli nobiliari “ Cavalliere Coroneo” da ricondurre ai “ Todos Cabaleros di Carlo V”.

 

 

San Demetrio Corone

deve la sua notorietà di capitale culturale dei paesi della diaspora arbëreshe, alla presenza dei circa 25 anni vissuti da San Nilo nel cenobio creato intorno ad un sacello dedicato ai Santi Adriano e Natalia;

 

Grotta di S. Nilo

Deve la sua notorietà al Monastero, opera di civile ricostruzione tenacemente perseguita da San Nilo e dal massiccio  movimento monastico greco-(basiliano);

 

Deve la sua notorietà alla chiesa di Sant’Adriano, (romanico-normanno-bizantina  del  XI°-XII°) , la tradizione vuole fondata da Sa Nilo (?), ed è un  monumento artistico sotto tutela dei Beni Culturali, visitabile!

Deve la sua notorietà al Collegio Italogreco prima e  Italo Albanese di S. Adriano dopo. Dopo la soppressione del Monastero 1791, diventa nel 1794 Collegio di formazione e  di cultura umanistica, illuministica e riformatrice e dopo Istituto Internazionale per l’Albania -(Scuola Normale per preparazione insegnanti in Albania).

Nella prima metà dell’800 questo centro di cultura viva diviene focolaio di pensiero liberale e di azione concorrendo al Risorgimento con Domenico Mauro, Agesilao Milano, Giuseppe Pace, lo stesso Falcone della spedizione di Sapri, tutti usciti dal Collegio di Sant’Adriano. Fu luogo di idee patriottiche , definito dai Borboni ” Fucina dei diavoli”

Giuseppe Garibaldi mostra di apprezzare il forte contributo del Collegio e degli Italo-albanesi per l’Indipendenza d’Italia ed emana un provvedimento per 12000 ducati per il Collegio di Sant’Adriano.IMG_4957

 

San Demetrio deve quindi, la notorietà al contributo di personaggi del  pre e post Risorgimento italiano e ai molteplici movimenti politici e sociali del Mezzogiorno d’Italia.

Collegio di Sant’Adriano luogo dove sono stati educati e formati i martiri, i parioti italo-albanesi che hanno sacrificato  la loro giovinezza nel nome dell’Unità d’Italia. Luogo di formazione di tantissimi intellettuali come il Costituzionalista  più importante del XX° secolo l’arbresh di Civita, Costantino Mortati.

Deve notorietà per il Centro Studi Risorgimentali Domenico Mauro, insieme a suo fratello Raffaele Mauro furono DUE dei MILLE di Garibaldi e attivi nei moti risorgimentali calabresi.

 

 

Deve la sua notorietà per aver dato i natali nella frazione di Macchia Albanese al Vate Girololamo De Rada considerato insieme al poeta Naim Frasheri il padre della letteratura e della stessa nazione albanese che in quel tempo andava prendendo coscienza di indipendenza(Rilindja).

                           

Macchia Albanese                                                                       G. De Rada

Mi corre l’obbligo segnalare, tra i tanti personaggi sandemetresi contemporanei di spessore, due figure del mondo dell’arte, passate inosservate e che avrebbero potuto dare lustro a questo nostro paese; (da sempre a senso unico)

Si tratta del compianto poeta e musicista Enrique Cadicamo ( il Mogol del tango argentino di Gardel), del quale ho una storia particolare da raccontare e per altro condivisa dell’Esimio prof.G Nisticò, già presidente della Regione Calabria.

       

E. Cadicamo

 

L’altra figura e l’attuale pittore Franco Azzinnari.

                                                               

Azzinari e il Nobel Gabriel Garcia Màrquez                            F. Azzinari

A raccontare del pittore Franco Azzinari sarà la prestigiosa firma del dott. Nicola Micieli, uno dei cultori e maestri della critica d’arte. Ad emozionarci di una vera e propria immersione artistica, sarà  il suo editoriale  apparso su “Azzinari dalla Calabria nel mondo” , una pubblicazione curata dal dott.Nicola Micieli nelle linea grafica e cura editoriale, attualmente inserita nella autorevole collana “Cataloghi D’Arte” dell’Editoriale G. Mondadori

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Nicola Micieli (1948) è docente e critico d’arte. Ha ordinato numerose rassegne d’arte e curato i relativi cataloghi, pubblicando saggi e monografie su numerosi artisti italiani e stranieri. Ha dedicato particolare attenzione alla grafica, con decine di pubblicazioni monografiche e tematiche. Si è interessato dei linguaggi “altri” e divergenti, collaborando per diversi anni con il laboratorio “Occasioni” presso l’ospedale psichiatrico di Maggiano, Lucca. Ha fondato con Romano Masoni il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe di Villa Pacchiani a Santa Croce sull’Arno. Cura per le edizioni Il Grandevetro-Jaca Book la collana Parola d’Artista

Nato a San Demetrio Corone,  nella popolare e nota Via Termopili, nel 1961 con la sua famiglia si trasferisce a Pisa e prosegue gli studi. E’ un sandemetrese importante e un Gjiton i mir  del quale mi onoro del suo prestigio, non solo perchè è nato a meno di 100 passi da casa mia, ma come tutti i figli speciali di San Demetrio ha saputo distribuire  e mettere a frutto i suoi saperi culturali in vari settori privilegiando il mondo dell’arte. San Demetrio Corone non può che essere fiera, e penso anche desiderosa di poter un giorno fruire del suo bagaglio di attività intellettuale in quel prestigioso  collegio di Sant’Adriano che ospita la Biennale di Arte Contemporanea inserita nel complesso abbaziale  niliano calcato un tempo dal  suo papà, da altrettanto personaggi storici  famosi del Risorgimento e d’Italia  e recentemente dal Presidente Italiano S. Mattarella e dal Capo di Stato di Albania I. Meta.

 

 

Nb: altri personaggi importanti di San Demetrio, saranno annoverati nel capitolo (templata) di questo sito ” San Demetrio Corone ( fra Cronaca, Storia e Politica).

 

San Demetrio Corone deve la sua notorietà nel mondo

alla Filiera Agroalimentare MADEO attestatasi come la più grande filiera di Suino Nero in Calabria. I prodotti da San Demetrio Corone raggiungono più di 80 nazioni e continenti oltre oceano.

 

  

 

 

A San Demetrio Corone è nato il  “ Prosciutto del Suino Nero di Calabria

    

 

*Seguono note essenziali nel paragrafo ENOGASTRONOMIA che rimandano all’approfondimento.

 

 

LA PRESENZA DI SAN NILO AL SANT’ADRIANO

 

S. Nilo

Secondo il Bios e il quadro sinottico delle principali date della vita di San Nilo, da Germano Giovanelli si legge:

” Anno 952-953….. Trascorso un decennio circa dalla sua dimora nella spelonca,

 

     

La grotta dell’Angelo, la cavità che si apre sulla parete rocciosa della Timpa Simara nel territorio di Orsomarso, viene da alcuni studiosi indicata come l’eremo in cui dimorò il giovane San Nilo, allorquando si accompagnò al maestro esicasta, l’abate San Fantino, che risiedeva in un vicino monastero. L’ipogeo, parzialmente protetto da una muratura artificiale, all’interno presenta un grosso masso che probabilmente serviva da tavolo o da giaciglio, ed alle pareti, i resti di affreschi che rappresentavano l’Annunciazione e la Crocifissione.

S. Nilo, a causa delle frequenti e tremende scorrerie dei Saraceni………., con i suoi due discepoli Stefano e Giorgio si ritira in una sua remota proprietà* nei pressi della sua patria, ai piedi dei contrafforti della Sila, e costruisce intorno ad un mezzo diruto tempietto dedicato ai SS.Martiri Adriano Natalia, un poverissimo monastero. Qui cominciarono ad accorrere al padre alcuni poveri nello spirito, che il Signore invitava al suo convito e  a pregarlo di rimanere con lui: tra questi il B. Proclo di Bisignano”.

*Di questa remota proprietà famigliare non esiste alcun documento, o altro riferimento.

 SS. Adriano e Natalia

In breve tempo il cenobio raggiunse larga rinomanza e divenne centro di attenzione e attrazione per il prestigio del quale godeva San Nilo, a cui ricorrevano nei momenti difficili e di sconforto tutti coloro che avevano bisogno di consigli e di assistenza spirituale, umile gente ed alti funzionari bizantini.

Chiostro interno al Collegio S. Adriano

 

Quì fiorì una scuola calligrafa di trascrizioni di testi sacri e durante i  23 anni di  permanenza del Santo  e del suo egumeno Beato Proclo da Bisignano e Beato Giorgio, grazie al suo prestigio e l’operosità dei monaci crebbe immensamente il patrimonio del monastero in terre e lasciti devozionali.

Interno chiostro del Monastero

 

Nel 960, S. Nilo perde il Beato Giorgio, passato santamente al Signore ( le reliquie restano al Monastero di Sant’Adriano)…

Perde anche il suo primo egumeno Proclo.. Sulla morte* del B. Proclo di Bisignano ( presunta nel 975, secondo R. D’Alessandro e con reliquie sempre al Monastero di Sant’Adriano), vi rimando al capitolo S. Nilo e il Monachesimo greco, in questo sito.

*Nel 978  quando S. Nilo lascia il Sant’Adriano, l’egumeno Proclo era già morto da circa tre anni, il monastero di Sant’Adriano rimane in custodia del monaco anziano e  non di Proclo.

Fiorì una scuola di calligrafi nel Monastero,

San Nilo e gli altri monaci  contribuirono   a salvare con amorosa cura, oltre alle opere dottrinali dei Padri della Chiesa, il patrimonio culturale del mondo classico, approfondendo il senso religioso della vita, a restaurare i valori morali, e creare le premesse storiche ed ideali per la stessa Chiesa travagliata in quel periodo

Alcune bolle papali confermano il Monastero << Cum cellis suis>>, cioè con le sue dipendenze, dall’uso benedettino si intende monastiche.

Ad opera di Ruggero Borsa, perde e riacquista l’autonomia dopo l’esperienza di Cava dei Tirreni, ed entra in una nuova fase storica sotto la protezione dei Normanni e della loro politica opportunistica verso latini e bizantini. In questo periodo consegue gran parte del suo arricchimento patrimoniale ed il riconoscimento di diversi privilegi.

Il Monastero venne posto sotto il patronato”regio” da re Ruggero, dopo la costruzione del Regno di Sicilia, ottiene la qualifica di”regale”, insieme agli altri privilegi confermati dagli Svevi e successivamente mantenuti, come si evince dalle notizie generali affioranti dalla platea e specificatamente dai diplomi di Federico II di Svevia, pubblicati dallo Zangari.

Federico II di Svevia che si trovava a Cosenza  nel 1222, in occasione della solenne consacrazione della cattedrale ricostruita dopo i danni del terremoto, accondiscendendo alla richiesta di Arsenio abate di S. Adriano << per quosdam de fratibus >>, con diploma del gennaio del 1222, steso dal notaro Giovanni di Capua in latino volgarizzato e prolisso, conferma al Monastero tutti i privilegi concessi da Ruggero.

Con un altro diploma, steso a Siracusa, Federico II, riconoscendo l’autenticità del titolo esibito, conferma  all’abate Attanasio del Monastero di S. Adriano nell’agosto del 1224, il privilegio , “ indultum”,  a rattifica del precedente privilegio concesso da re Ruggero e rinnovato successivamente dall’imperatrice Costanza d’Altavilla, sua madre che, << sub speciali protctione et defensione recipiens ……>> .

Dal contenuto dei diplomi di Federico II e dalle notizie, anche se frammentarie, che affiorano dagli atti della platea, si evince che il monastero aveva conseguito la gran parte del suo patrimonio feudale e i privilegi di esenzione e immunità nell’epoca normanna.

Si ricorda sia stato dotato nel 1115, da Drogone conte di Montalto, di origine normanna, di concessioni privileggiate in località vicino a Paola e a Carolei.

 Platea di Sant’Adriano ( 1756 – 61 )

 

San Demetrio, Macchia e San Cosmo trassero la loro ragione esistenziale dal Monastero di Sant’Adriano che li accolse da esuli nei suoi territori intorno al 1470, stipulando con i capitoli del 1471 l’atto pubblico regolativo dei rapporti tra essi ed il monastero.

 

A causa di saccheggi di “varia natura”, dall’incuria e per le vicissitudini attraversate dal Monastero prima e dal Collegio San Adriano dopo, a seguito della negligenza e delle “ Fringulere “  ( falò) di suppellettili varie e  di materiale scolastico e parte amministrativo, ad oggi, di San Nilo rimane pochissimo , qualche volume a suo riferimento, una pittura sull’altare sinistro, dei tre altari costruiti nel 1700 dopo l’abbattimento dell’abside, dell’altare greco e dell’iconostasi per cancellare ogni parvenza col rito bizantino, e sostituire tutto con  elementi latini.

Con una spessa coltre di calce vennero scialbati tutti gli affreschi bizantini dipinti nei secoli precedenti.

Il dipinto in fondo, ritrae S. Nilo con S. Vito ed al centro la Madonna

 L’altro affresco di S.Nilo è quello abbondantemente distrutto nel romitorio di S. Elia per inefficienza ed incuria degli uomini.

 

GROTTA DI S. NILO

 

                                 

Romitorio Grotta S. Nilo – ieri                                                              S. Nilo – affresco anni 80

 

Grotta di S. Nilo – Affresco anno 2018

Nel 1960 insieme ad Angelo Braile  ( kuliqi ) è stato sufficiente buttare acqua sul dipinto per ammirare l’intero affresco.

 Nel 1980 iniziano gli atti vandalici con limitate scritte sull’affresco.

Nel 1990 deturpato il viso di S. Nilo.

Nel 1995 colpi di piccone sotto l’affresco.

Nel 2004 compare una scritta CIA.

Resiste ancora parte dell’affresco del XVI – XVII secolo.

Il sito oggi è in uno stato di semi abbandono per cui si legano caute attenzioni a sprovveduti visitatori.

Nonostante le mie personali segnalazione attraverso anche format radio-televisivi, nonostante l’indignazione dell’opinione pubblica, per questo sito importantissimo non solo per la Calabria intera, non venne operato nessun tipo di restauro o messa in sicurezza.

 

COSA RIMANE ANCORA OGGI

 

Dagli innumerevoli recuperi , ripartizioni e inventari rimangono, oltre a qualche documento amministrativo del ” collegio”, due biblioteche: una è interna al Liceo Ginnasio

        

Liceo – Ginnasio                                                   Biblioteca Liceo – Ginnasio

e  l’altra, quella antica del Collegio Italo-greco e Italo Albanese poi,

( La biblioteca antica )

definitivamente revisionata nel 2015 con la supervisione del noto  medievalista Prof. Pietro De Leo, e sotto la riconosciuta perizia direttiva della Dott.sa Maria Francesca Solano. Oggi è consultabile molto materiale inventariato, lettere di Girolamo De Rada, quattro lastre paleografiche in greco, tutto il patrimonio archivistico di vita interna ed esterna al Collegio e parte di storia patria .

LA BIBLIOTECA DEL  MONASTERO E COLLEGIO

I  non molti volumi introitati in seguito alla soppressione del monastero nella biblioteca del collegio ed identificabili per il contrassegno << S. Adriano>>, costituiscono, secondo il prof. Cava, una indubbia testimonianza ed una indicazione orientativa degli interessi culturali, resistenti nella comunità monastica.

Del  vecchio collegio, sono stati inventariati 4 mila e 600 volumi reperibili tra il Fondo Antico e il Fondo Moderno, interessante, un libro del 1400 di geografia astronomica. Non mancano i volumi superstiti di opere di classici latini e greci, di opera di filosofia antica e cristiana, di morale e dogmatica, di teologia e liturgia, tra le quali alcune di pregevoli edizioni del 1500.

Purtroppo la biblioteca è priva di codici trasmessi dai monaci calligrafi di S. Nilo. Nelle due foto seguenti copie del Pantera di due manoscritti di S. Nilo , ormai difficilmente rintracciabili alla biblioteca di Grottaferrata.

               

 Libro manoscritto da S. Nilo                                                         Manoscritto di S. Nilo

 

Finalmente, oggi la Biblioteca al Collegio di Sant’Adriano è visitabile, presto sarà messa in rete, per come speriamo, dovrebbe avvenire per la biblioteca del Liceo-Ginnasio.

Alcune foto della Biblioteca oggi

   

   

 

 

 

 

COLLEGIO SANT’ADRIANO – BIBLIOTECA

ARCHIVIO MASCI – FALDONI

di Angelo Lino Luzzi

 

La biblioteca del Collegio Sant’Adriano contiene 10 faldoni dell’“ArchivioMasci”contenenti documenti di varia natura, storici e giuridici, l’eversione della feudalità, un libro sui demani comunali.

Angelo Masci ( 1758 – 1821 ), nato a Santa Sofia D’Epiro, studia nel Collegio Greco sotto la guida dello zio Pasquale Baffi e si trasferisce poi a Napoli, diventa un avvocato famoso con incarichi prestigiosi nel primo ventennio dell’800. Ricordiamo l’incarico importante di Presidente della Commissione, nominato dal governo per dirigere l’operazione e l’attività dei demani comunali dovuta alla eversione della feudalità iniziata nel regno Partenopeo nel 1806.

ALCUNI DEI 10 FALDONI 

Cattura

 

 

 

ENCICLOPEDIE METHODIQUE

La biblioteca del Collegio Sant’Adriano contiene anche, come da foto sotto, 13 volumi sui 270,  della“ENCICLOPEDIE METHODIQUE”, enciclopedia francese di arte meccanica,  pubblicata a Padova tra il 1784 e il 1793, regalo di un sacerdote italo-greco, mai sfogliata.

 

mio

ENCICLOPEDIE METHODIQUE

 

  • Dei faldoni di Angelo Masci, e della Enciclopedie Methodique ed altro, parleremo ampiamente su questo sito cliccando  HOME nel menù : IL COLLEGIO DI SANT’ADRIANO.

In una sala attigua alla biblioteca, tutto il patrimonio archivistico recuperato, di vita interna ed esterna al Collegio e qualche scaffale contenente volumi di storia Patria:

 

                       

 

 

 

 

Nb: Per approfondimenti sulla biblioteca in generale, vi rimando al copioso capitolo “Collegio di Sant’Adriano , oggi”, conosceremo gli  interventi e più da vicino, le cause delle spoliazioni, manomissioni e saccheggi di” varia natura” , e conoscere  anche l’altro pregio di questa biblioteca a conferire, secondo vox populi, titoli come “ Per esperienze e meriti acquisiti”. A parte pregevoli eccezioni scientifiche, la biblioteca si è rivelata, un vero e proprio trampolino di lancio per aspiranti amanti dell’archivio, viste le precedenti esperienze maturate attraverso le infinite attività di recupero della biblioteca più ricatalogata e spolverata d’Italia.

Nota –  Dell’intero complesso del Sant’Adriano, rimangono gli interventi di ristrutturazione, iniziati più di 30 fa, pare  costati alla collettività quasi 5 milioni di euro ( oltre 9 miliardi e mezzo delle vecchie lire).

L ‘ ENTE MORALE DEL COLLEGIO SANT’ADRIANO

A parte aggiornamenti che a me sfuggono, riflettendo sullo stato giuridico del “complesso del Sant’Adriano”, a tutt’oggi , devo ritenere sia in vigore il decreto regio del 2 Dicembre 1923 e successivi 1952. Il tentativo legislativo non andato a buon fine per cambiare la finalità d’uso del Collegio Sant’Adriano , come la proposta di legge n°5391 del 2012, dal mio punto di vista discutibile, forse anche, per assenza di manifestazioni di interesse partecipativo all’idea , non deve indurci a tenere ferma ” una fabbrica della cultura”. Bisogna ritentare avendo cura di avere  le idee chiare.

Il Collegio viene fondato nel 1732 da Papa Clemente XI°, a San Benedetto Ullano, “Collegio Corsini” S. Benedetto Ullano poi trasferito a S. Demetrio Corone come Collegio Italo-greco al posto del monastero (basiliano). Dai tempi murattiani diventa sede del Liceo-Ginnasio Italo Albanese. Da collegio a convitto, dal 1923 è frequentato da convittori fino al 1979.

Nb: A partire da questa data ( 1979) , sarebbe occorsa una proposta di nuova finalità d’uso, dal momento che, anche “l’Ente Morale “ aveva ragionevolmente concluso il suo corso. Una volta pianificato l’obiettivo, si sarebbe potuto dare il via alla ristrutturazione, almeno dove si poteva intervenire secondo la Tutela, e non rischiare di pianificare finalità discutibili, senza la prospettiva  della legge obbligatoria, senza un civile consenso generale o  giustificati nullaosta dei singoli facenti parte l’Ente Morale.

Nb: sono in molti a chiedermi sulla destinazione d’uso del Collegio di Sant’adriano. Ad oggi, occorre avere le idee chiare su cosa fare, e poi bisogna sapere che è obbligatoria una legge che accrediti la nuova destinazione d’uso, altrimenti non si può mettere neanche un chiodo al muro, tranne per  interventi di messa in sicurezza oppure eventuali finalità condivise e regolate sempre da una nuova legge al posto dell’Ente Morale. Secondo la mia opinione dovrebbe rimanere un plesso di indirizzo culturale . Le mie idee saranno esposte  su questo sito, man mano, nei capitoli specifici.

 

RUOLO DEL COLLEGIO ITALO ALBANESE DI SANT’ADRIANO

 Un grande ruolo è stato quello del Collegio Italo-Greco di Sant’Adriano per tutto il movimento culturale arbëresh e per la divulgazione di una cultura nuova come il romanticismo, l’illuminismo, da stimolo al movimento politico del risorgimento nazionale.

In questo Collegio Italogreco, successivamente chiamato Italoalbanese , già noto per i trascorsi giacobini del 1799, sono uscite figure come Domenico Mauro (1812-1873), Agesilao Milano (1830-1856), G. B. Falcone(1831-1857), Biagio Miraglia (1823-1885), Cesare Marini (1792-1865), Attanasio Dramis (1829-1911) e tante altre figure come Girolamo De Rada (1814-1903), Demetrio Strigari (1816-1896) ed altri , come Pasquale Scura (1791-1868), ed ancora, come il più grande costituzionalista del XX° secolo Costantino Mortati (1891-1985) e tanti altri ancora.

Nb: Scoprire e divulgare per la prima volta ad oggi, un graffito nella chiesa di Sant’Adriano del grande costituzionalista Costantino Mortati  in età liceale presso il Collegio , è stato per me motivo di sorpresa e piacere, spero altrettanto sia curioso per voi, il tentativo di individuare il graffito all’interno della chiesadi Sant’Adriano.

 

In generale, a ridosso dei moti risorgimentali in Calabria, secondo G. Cingari e lo stesso A. Guarasci, nell’ambito culturale calabrese non vi era pari al Collegio Sant’Adriano, nonostante le presenze di istituti simili.

Il Collegio di Sant’Adriano ha dato un grande contributo di idee e di azioni e per la rinascita nazionale e della stessa regione Calabria.

                

 

LA CHIESA DI SANT’ADRIANO

La Chiesa, che è il monumento superstite più antico del complesso abbaziale, è di epoca posteriore al monastero. Il sincretismo stilistico ed alcuni particolari caratteri e motivi architettonici la rivelano della prima epoca normanna, anche se la tradizione la vuole fondata da San Nilo nel 955, secondo me improbabile, se non  impossibile.

      

Chiesa di Sant’Adriano                                         Chiesa di Sant’Adriano

Mie modeste riflessioni,  la identificano come chiesa romanico-normanna bizantina con tratti longobardi, prezioso è il pavimento in opus sèctile con quattro lastre zoomorfe, gli affreschi bizantini risalgono al XIII secolo e le pitture nei soprarchi a sud, come la presentazione di Maria al Tempio possono essere collocate con indirizzi  pre rinascimentali.

Presentazione SS Maria al Tempio

 

         

Interno chiesa di S. Adriano                     Fontana della Conchiglia (Pellegrino)

 

Questo luogo, artisticamente, non   focalizza  un solo aspetto, ma scava nella civiltà della memoria, e stimola l’anima del nostro presente

     

Archetti pensili-Bacini ceramici – Lesene                    Greenmann

 

Personale interpretazione su alcuni elementi del Protiro

        Fare tappa in questa chiesa significa immergersi nell’esichia ,  di chi nel proprio cuore si pone alla presenza di Dio, con la consapevolezza della propria fede e l’ansia della propria esistenza tra Immanente e Trascendente, una vera e propria ierofania

ICHTHYS – HESYCHIA              Una decorazione degna ad un esicasta come S. Nil0

   

                   

Un dragone, una mano che fuoriesce dalla bocca e afferra con forza i cerchi “ichtys”, e la rosa a dodici petali e il fiore di Gerico.

Il cerchio nel medioevo cristiano era definito luogo della riconciliazione tra cielo e terra, tra Dio e l’uomo, e l’uomo e Dio.

I cerchi Trinitari , l’Ichtys della dottrina di Gioacchino da Fiore, la formazione dei sei giorni della Genesi e il Fiore della Vita

Il dragone in generale è il simbolo del male e tentazione all’odio, la mano rappresenta l’uomo che si è lasciato guidare da bassi istinti e stà per perire con la strana bestia e in contrapposizione ci sono gli anelli concatenati della fede che lo sorreggono, attraverso il simbolo del Cristo, della Trinità, dello Spirito e dell’Eternità;  vicino la rosa a 12 petali.

Sicuramente ognuno, qualche risposta  troverà agli intrecciati problemi esistenziali e alle ragioni della vita e della morte, al problema di Dio sempre appassionante e inquietante all’insoddisfacente ateismo .

Sicuramente troverà la speranza, ma per questa occorre fede, la ragione non basta, il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce. La ragione non basta a se stessa, ha bisogno di qualcosa che la vivifichi e la trascenda e di questo Sant’Agostino ne era convinto così come l’esicasta monaco greco Nilo Malena da Rossano.

 Chiara risulta pertanto la ierofania nella committenza normanna alla costruzione della chiesa di Sant’Adriano.

Nb Altre informazioni seguono sul capitolo: Chiesa di Sant’Adriano “ Tra  Arte, Storia e Fede”

 

 

LA STELE

Poco distante dalla chiesa di Sant’Adriano a San Demetrio Corone, su un pianoro adiacente al Monte Santo, si trova una stele sormontata da una croce, per mia personale memoria, infissa su un cumulo circolare di alcune pietre  che servivano al Santo e ai discepoli per sedersi

E’ qui che ogni 26 Agosto, giorno dei festeggiamenti, i Santi Adriano e Natalia vengono portati in processione.

Festeggiamenti in onore dei SS Martiri Adriano e Natalia – 26 agosto –

E’ tradizione, ogni lunedì di Pasqua altra tappa di processione alla stele . A proposito, mi corre obbligo ricordare che la stele è costituita da tre elementi, solo  la parte bassa è un unico blocco granitico e difficilmente di altra natura, parere marcato anche dal geologo Demetrio Di Benedetto.

              

La stele                                   Base della stele

 

 

Nb: Per sgombrare il campo dal vagabondare di pressapochismo ricordo che, non è mai esistito un cunicolo dalla chiesa, comunicante con l’eremo di San Nilo. Esiste invece una cavità dentro un armadio in sagrestia pari quasi la lunghezza del mobile.

Esistono altresì, alcuni cunicoli di dimensioni molto anguste che dalle fondazioni del monastero  si affacciano a meno di 100 m. , solamente a nord verso via Caminona.

 

Lasciamo il Sant’Adriano e ci spostiamo ad est verso il paese di San Demetrio Corone

 

 

              

 San Demetrio Corone

E’ uno dei “casali” del monastero di Sant’Adriano, paesi scaglionati sulla PreSilaGreca, dove, dopo la morte di G.K.Scanderbeg (1468),  si rifuggiarono nel 1470 parte degli albanesi in fuga dalle incursioni ottomane.

 

 

 

 

Posta in una cerchia verde di colli, San Demetrio si distende, come affermò Sharo Gambino, come un’aquila ferita……….

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Il punto di partenza per la visita a San Demetrio C. è Piazza Monumento, l’agorà cittadina.

 Parte da quì un itinerario affascinante di storia locale come il centro storico, i vicoli, le vie, i rioni, le gjtonie  i palazzi significativi, le chiese, i monumenti.

Si ha così modo di percepire e penetrare in luoghi precisi dove si sono avvicendati valori tradizionali ed ansia di cambiamento e di essere protagonisti del nuovo. L’approfondimento  ci rimanda su HOME- voce San Demetrio Corone.

Piazza Monumento

Partiamo da Piazza Monumento, purtroppo, senza il sussidio del cartellone generale turistico,  con la classica informazione di partenza “ VOI SIETE QUI’”,  rincorso da decenni.(nemo propheta in patria)

Nonostante le tecnologie più avanzate di informazione, per facilitare le visite ai turisti, anche da sprovvedute informazioni, abbiamo  segnalato i luoghi significativi con le nostre foto e didascalie, grazie ad un “modello di mappa in bianco”, regalato dal compianto Vincenzo Santo  Cenzini alla nostra associazione Shpirti Vendit-Genius Loci. 

 

provvisoria

 

 

Partiamo dal  MONUMENTO AI CADUTI DI GUERRA

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 Il monumento  dono di cittadini sandemetresi del Nord America in memoria di tutti coloro che persero la vita nella guerra mondiale 1915/18. E’ opera dello scultore romano Giuseppe Ciocchetti, noto anche per aver prestato la sua opera a monumenti in America e a e busti del duce. A partecipato con la sua bottega al progetto di Enrico del Debbio, allo Stadio dei Marmi al Foro Italico a Roma. Tutto il gruppo scultoreo di marmo del monumento a san Demetrio Corone è sorretto da una base in muratura costruita e decorata con arte dal maestro capo muratore del luogo, Demetrio Lentini ( Mjesh Lentini) . La solenne cerimonia di inaugurazione si tenne a novembre del 1928. Il monumento raffigura un soldato morente e una figura femminile che lo sorregge china e  gli bacia il capo, con le ali aperte come allegoria alla vittoria. Ai piedi del soldato sono raffigurati un fucile ed un elmetto, rami di alloro e di quercia.

Da una mia ricerca, emergono altri monumenti “uguali”( tipo copia-incolla) nelle città di Crotone, a Ruva del Monte in provincia di Potenza, uno a Sant’Angelo del Pesco, provincia di Isernia – Molise, a Balvano  (Potenza), a Stigliano ( Matera), a Miglionico ( Matera), a Sturmo (Avellino), a Lagonegro e potrei continuare.

Dalle mie verifiche trasversali tra date di commissioni e di inaugurazioni, emerge chiaro che il monumento con soggetto, soldato morente e allegoria alla vittoria, come il nostro a San Demetrio Corone, veniva riprodotto in serie all’interno della bottega con marmi, probabilmente, in polvere. I costi erano anche variabili e non dovuti solo a trasferimenti. Approfondimenti, nel capitolo periodo fascista a San Demetrio C.

Proseguendo verso  la Piazza della Chiesa (  Ngà Dera e Qishẽs) , colpisce un po’ a tutti l’imponente e fiero sguardo di Giorgio Castriota Skanderbeg.

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GIORGIO CASTRIOTA SCANDERBEG

 

Il busto – monumento è opera dello scultore PasKali Odhise, rappresenta l’eroe nazionale albanese, difensore della libertà ed indipendenza contro gli Ottomani , atleta di Cristo, simbolo di eroismo e della fede.

L’opera è stata regalata  ai cittadini di San Demetrio dal governo di Tirana nell’anniversario dei 500 anni dalla sua morte.

Nb – Altro regalo giunge il 7 Novembre 2018, con la visita a San Demetrio Corone del Presidente della Repubblica Italiana S. Mattarella, sempre su iniziativa del governo di Tirana, a rafforzare l’appartenenza.

In effetti si tratta di una promessa cercata due anni fà dal Presidente della Repubblica Democratica d’Albania Ilir Meta  durante la visita nel 2016 del Presidente Mattarella in Albania.

L’auspicio del presidente Meta era fare una visita insieme a Mattarella nei paesi Arbẽresh. L’occasione  a Meta, si è presentata quest’anno, a 550 anni dalla morte dell’eroe nazionale di G.C. Scanderbeg. ed ecco la visita dei presidenti del 7 novembre2018

 

Qualche altra nota su G. C. Scanderbeg.

Già ostaggio del Sultano nella sua adolescenza , Giorgio Castriota era figlio di Giovanni Castriota,  signore di alcun villaggi e figlio di Voisava di dinastia Serba. Divenuto abile comandante dell’esercito del Sultano, gli diedero un soprannome turco di Skanderbej, in allusione ad Alessandro Magno. Durante la guerra tra Murad II e il condottiero ungherese Giovanni Hunyadj, Scanderbeg fu mandato in Albania a contrastare l’avanzata ungherese già vittoriosi in Serbia sull’esercito turco nel 1443. In tale occasione avvenne la ribellione di Scanderbeg contro i Turchi, la riconversione alla fede, da sempre cristiana, e avvenne l’invito agli altri capi albanesi di unirsi a lui , nella comune lotta contro l’invasore musulmano. Ne scaturì la “Besẽlidhja e Lezhẽs”, l’alleanza della fedeltà di Alessio nel 2 marzo 1444 con l’impronta della sua guida.

Riuscì con intelligenza e audacia a sfruttare un territorio che conosceva bene e sconfisse le armate ottomane dei sultani Murad e del celebre suo figlio MaomettoI il conquistatore di Costantinopoli. Fermò cosi l’avanzata ottomana  decisa a voler issare la bandiera della mezza luna a Venezia e a Roma( come aver fermato l’ISIS dei nostri anni). Nel giugno del 1444,  sconfisse l’esercito turco a Torviolo.

Scanderbeg lo troviamo in Italia a chiedere ed ottenere aiuto ad Alfonso D’Aragona .  Alla morte di Alfonso D’Aragona gli succede al trono Ferdinando, Scanderbeg gli presta giuramento in qualità di feudatario del regno per i doni e privilegi eccezionali  del 1464 , come i feudi pugliesi di Monte sant’Angelo e San Giovanni Rorondo*.

Scanderbeg voleva dare un colpo finale ai turchi, aveva bisogno di aiuti, scarsi sono stati quelli del Papa, da Napoli re Ferdinando lo aiutò come poteva, forse perché nonostante le vittorie, il popolo albanese si dissanguava e si estenuava e sarebbe stata impossibile una ulteriore vittoria. Ricevuti comunque aiuti da Venezia e da Napoli, liberò ancora una volta Cruja dall’assedio. Alla fine del 1467 Scanderbeg tentò di ricostruire la Lega albanese come quella del 1444, convocò i capi nel 1468 ad Alessio, in pieno inverno mentre i turchi erano vicini per un contro attacco. Fu colpito da una violente febbre, mentre il suo esercito era vittorioso a Scutari  contro i turchi. Vinto dal male( forse malaria) morì in Alessio il 17 gennaio1468.

Dopo la sua morte iniziarono gli esodi in Italia con le varie emigrazioni.

 

*    Sostituito dallo stesso re con Soleto e Monte Pietro in Galatina nel 1485 al figlio di Scanderbeg Giovanni Castriota con il titolo di Duca.

Questo feudo di Soleto e Galatina restò ai discendenti di Scanderbeg sino alla sua PRONIPOTE  (e non nipote) Erina Castriota, figlia di Ferdinando duca di Galatina.

Nel 1539 Erina pronipote  di G.C.Scanderbeg sposò il principe di Bisignano Pietro Antonio Sanseverino, portandogli in dote il feudo ducale di Galatina

 

Il monumento di G. C. Scanderbeg è ubicato all’interno di Villa Marchianò , proprietà comunale, oggi sede di iniziative culturali, rientra nell’armonia architettonica “unica agorà”, sperata nel progetto generale di riqualificazione dei luoghi intorno alla chiesa matrice.

 

CHIESA MATRICE DI SAN DEMETRIO MEGALOMARTIRE

 

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 Altra tappa interessante è la visita alla chiesa Matrice di San Demetrio Megalomartire (sec XVII), patrono del paese, festeggiato il 26 ottobre.

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San Demetrio Megalomartire

 

La chiesa all’interno è impreziosita da moltissime  pitture ed icone distribuite sui muri e sulle colonne delle tre navate mentre, il Cristo Pantokrator  sovrasta la ricchissima iconostasi nell’abside centrale.

 

 

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La solennità è il complesso della ritualità religiosa.

 Solenne , fastose, lunghe e cantate sono le Divine liturgie di San Giovanni Crisostomo  di rito bizantino greco che ci riporta al IV\V secolo dopo Cristo e l’altra liturgia di San Basilio.

Il profumo degli incensi, gli arredi sacri, i paramenti indossati dal sacerdote, i colori particolari e l’aspetto ieratico delle icone, fanno da cornice ai canti rimasti vocali con varianti ritmatiche ma, rigorosamente senza musica .

Cresce ulteriormente l’emotività quando il fedele riesce a partecipare ai canti in greco antico, rispettando simbolismo e cerimonie che seguono un loro canone.

 

  Interno chiesa San Demetrio Megalomartire

E’ una realtà diversa da quella di tradizione latina. Basti osservare la celebrazione della liturgia domenicale per accorgersi del vestiario del sacerdote, la comunione eucaristica con il pane e il vino fatto in casa, o del battesimo per immersione, il segno della croce, la presenza qualche volta di moglie e figli del prete, visto che, pur cattolici, ai papàs di rito bizantino è permesso il matrimonio.

L’invisibile diventa visibile con la Icona. Non è una pittura qualsiasi e non si firma.

Nel rimandarvi all’approfondimento sulla chiesa matrice di San Demetrio Megalomartire, anche con filmati interessanti, ricordo che sulla storia del rito , delle tradizioni e di tutte le chiese  di San Demetrio Corone e nelle frazioni, ci occuperemo nel capitolo a parte riservato al paragrafo ( La Chiesa di rito Bizantino)

 

 

LA CHIESA DI SANT’ONOFRIO

 

( Dai Lopes ai Mauro di Sant’Onofrio)

 

di Angelo Lino Luzzi

 

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LA CHIESA DI SANT’ONOFRIO

 

( Dai Lopes ai Mauro di Sant’Onofrio)

 

di Angelo Lino Luzzi

 

Fù il reverendo Francesco Antonio Lopes vissuto tra il 1680 e il 1747 a farla costruire nel 1737 e ad essere il primo sacerdote latino officiante. La chiesa, jus patronatus della storica e di illustre famiglia dei Lopes, venne praticata anche dai fedeli e fino a tutto il 1800. Il punto nodale del percorso di questa chiesa, secondo la mia opinione, è che si è trovata ad essere condizionata, e al centro di vicende storiche, politiche e culturali locali dell’epoca, fungendo forse anche da calmiere durante qualche attrito sorto in questa comunità divisa tra rito greco – bizantino a maggioranza e quello latino. Il palazzo della famiglia Lopes è l’attuale palazzo Mauro, dirimpetto a questa chiesa. Intanto estraggo alcune foto della chiesa sconsacrata di Sant’Onofrio, con chiare tracce di arte barocca, rimando per ora altri indizi non svelati sulla chiesa con altri opportuni approfondimenti sulla storia della famiglia Lopes.

Intanto, assicuro tutti, per visione diretta, che il dipinto di Sant’Onofrio al quale la chiesetta è dedicata, impreziosisce oggi una parete interna dell’attuale casa Mauro, eredi dei Lopes.

Per una informazione turistica immediata posso affermare che la chiesa è chiusa al pubblico. Nonostante un intervento sul tetto, in generale preserva ancora gran parte dei tratti originari ad iniziare dalla porta d’ingresso in legno originale del tempo (1731) e un portale litico e arcuato a pieno centro è di pregevole fattura sormontato da una scritta con nome del fondatore. All’interno l’altare attira ogni attenzione, opera di ottima maestranza che lascia intravvedere i telamoni e paraste con capitelli corinzi e tracce di decorazioni pittoriche. La sua modesta dimensione la porta ad essere considerata una cappella la quale, nonostante necessiti di seri interventi di recupero, difende molto bene pregi dell’ arte barocca in Calabria.

La chiesa di Sant’Onofrio è proprietà della famiglia Mauro come il palazzo dirimpetto (1600), la imponente lapide ci ricorda Domenico Mauro promotore dei moti risorgimentali e il sacrificio di parte della sua famiglia per l’Unità d’Italia . In questo palazzo ha sede il Centro Studi Risorgimentali dedicato a Domenico Mauro che insieme a suo fratello Raffaele furono due dei Mille durante la spedizione con Garibaldi.

Gli eredi Mauro sono i discendenti dei Lopes protagonisti già nel 1471* delle capitolazioni stipulate dai profughi albanesi con l’Abate di Sant’Adriano. La stirpe dei Lopes si è distinta in tre rami principali: i Lopes di Murmurica –  i Lopes di Sant’Onofrio– e il ramo Lopes modificato Lopez che risiedeva in quel bel palazzo dietro la chiesa identificato da noi come Plasi Lopsit.

 

Dai Lopes ai Mauro di Sant’Onofrio

 

Francesco Saverio Lopes alias Pettolone filo borbonico nel periodo delle Napoleonidi perde il fratello Giovanni Marcello e il giovane figlio Angelo Maria nel 1807, gli restano tre figlie, tra cui Carolina.

Nel periodo Murattiano Francesco Saverio Lopes fu trattenuto in carcere a Cosenza per motivi politici e li conobbe i fratelli Mauro di Mangone cittadina della zona “Piano Lago” vicino a Cosenza, appaltatori delle carceri. Fu lì che si combinò intorno al 1810 il matrimonio tra Carolina Lopes sua figlia e Angelo Mauro di Mangone.

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Con la restaurazione borbonica esce dal carcere Franceco Saverio , padre di Carolina , ma non può vivere nel suo palazzo a causa di dissapori con Carolina e il marito e finisce ospite a casa di suo fratello Luigi Antonio Lopes a Murmurica il primo dicembre 1824 all’età di 77 anni.

Intanto nel dicembre del 1812 nel palazzo dei Lopes di Sant’Onofrio da Angelo Mauro e Carolina Lopes nasce Domenico Mauro e inizia la nuova storia con la famiglia Mauro, erede dei Lopes e promotrice dei moti risorgimentali del 1900.

 

INTERNO CHIESA SANT’ONOFRIO

 

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INTERNO CHIESA SANT’ONOFRIO

 

 

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INTERNO CHIESA SANT’ONOFRIO

 

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INTERNO CHIESA SANT’ONOFRIO

 

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INTERNO CHIESA SANT’ONOFRIO

 

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INTERNO CHIESA SANT’ONOFRIO

 

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PORTALE CHIESA SANT’ONOFRIO

 

PORTALE

 

INTERNO CHIESA DI SANT’ONOFRIO

 

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……….continua………

IL FESTIVAL DELLA CANZONE ARBERESHE

IL FESTIVAL DELLA CANZONE ARBERESHE

IL FESTIVAL DELLA CANZONE ARBERESHE

(  Un contenitore culturalmente e strutturalmente vuoto, cosa fare? )

di Angelo Lino Luzzi (c)

 

Prima parte

Togliere un sassolino dopo più di 30 anni di suggerimenti ignorati, potete immaginare cosa si prova, era diventato “ GN GUR STIPATURI” ( un pestello da mortaio).

Alle prime edizioni del Festival della Canzone Arbẽreshe considerate di rodaggio, sono seguite altre trenta, accompagnate da una fitta nebbia di affabulatori e pifferai del nulla. Traditi tutti gli obiettivi di identità culturale, man mano è calato l’interesse,  ha prevalso il dilettantismo facendo venir meno anche l’aspetto aggregativo.

La continua mancanza di una struttura Festival con le figure adatte a ricoprire i ruoli importanti e specifici previsti dalla disciplina di simili manifestazioni, in questi ultimi 30 anni ha compromesso le attese di tutta la Diaspora, non è stata di aiuto a San Demetrio Corone e agli altri paesi arbẽresh e ha vaporizzato anche risorse di tutti.

L’idea Festival con le pezze giustificative per l’accesso alle risorse istituzionali, come la valorizzazione della lingua, il mantenimento delle tradizioni, del folclore e la stessa cultura della Diaspora, non si potevano nutrire con slogan ad effetto attraverso l’uso di aggettivi superlativi in mancanza di contenuti. Le millantate presenze di folle oceaniche pubblicate in pagine ufficiali e da banditori cibernetici non sono evidentemente servite ad alzare minimamente il “livello Festival”. E’ venuta a mancare ogni anno la sintesi culturale più alta, nessuna nota scientifica pubblicata,  nè tantomeno discussa. Il Festival della Canzone Arbereshe si arena al solo ed apparente  momento aggregativo per i primi anni, per poi finire scemando.

Non sono bastate le minacciose lettere del Comitato alla Rai regionale ad elemosinare qualche servizio video, magari anche ottenuto senza inviato, per la mancanza di interesse.

A soffiare sul fuoco dell’inconsistenza, puntualmente, discutibili esternazioni si susseguono ogni anni dal palco, trattato come un collettore delle istanze  tra le più varie e contraddittorie  che ripropongono una paccottiglia populista e narcisista che in 30 anni ha stravolto il festival, rendendolo uno zibaldone artistico.

L’invadenza politica ha stravolto e deluso l’aspetto valoriale  assunto nella puntualizzazione fatta nel 1986 dall’avv. Giuseppe D’Amico:<< Il festival è diventato il simbolo della nostra gente……e poiché è la bandiera di tutti gli Arberesh, non deve avere colorazioni politiche>>. 

Per 30 anni sono state ignorate tutte le attenzioni, riflessioni basilari  di ripensamento e di meditazione per un rinnovo della tematica arbẽreshe, ormai  condannata alla scomparsa. E’ venuto a mancare l’aspetto creativo-culturale e promozionale, sono state  privilegiate  furbite forzature politiche e pseudo giornalistiche, sterili per uno studio  ed una critica musicale seria utile alla salvaguardia  e alla tutela della nostra cultura nel rispetto di un sano equilibrio tra antico e nuovo, tra passato e presente senza dover far uso forzato alla partecipazione di terzi (art 1 / regol.) in assenza di sostanziali passaggi.

L’assenza di presentare uno spartito musicale, in trent’anni ha posto e  pone seri dubbi sulla inedita originalità della musica, e spesso anche dei testi. Essendo complesso lo spartito musicale in tutte le sue parti, basterebbero le chiavi delle partiture del pentagramma dei giri armonici, utili anche successivamente a utilizzare, per suonare i brani, altrimenti le nuove generazioni per suonare un brano devono reinventarsi.

Questa basilare mancanza  ha ulteriormente cresciuto l’esercito dei “mestieranti” solerti e ligi all’appuntamento  sandemetrese.

Pare che l’elenco di canzoni copiate, plagiate, siano degne di essere annoverate in un albo d’oro dei falsi d’autore o del copia-incolla.

Ma non ci si meraviglia che tutto accada in  ambienti come i nostri dove, alle carenti conoscenze in materia  subentrino il copia e incolla, dove si fanno proprie le idee degli altri, in un modo arrogante , sfacciato e presuntuoso tipico di residui di sudditanze e di altre patologie.

Investire i soldi dello Stato per decenni, dimenticandosi della materia prima e gli obiettivi del Festival, non è una distrazione da poco. L’effimero è facile da costruire, un pò meno sono gli aspetti pregnanti della nostra cultura materiale e immateriale.

Il canto arbẽresh è un bene culturale tutelato:

     Art. 2

(Definizione di bene culturale)

In attuazione della legge 15.12.1999, n 482, dell’art. 56, lettera “r” dello Statuto regionale e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali costituiscono bene culturale dei Comuni di cui all’articolo 1 della presente legge, la lingua, il patrimonio letterario, storico ed archivistico, il rito religioso, il canto, la musica e la danza popolare, il teatro, le arti figurative e l’arte sacra, le peculiarità urbanistiche, architettoniche e monumentali, gli insediamenti abitativi antichi, le istituzioni educative, formative e religiose storiche, le tradizioni popolari, la cultura materiale, il costume popolare, l’artigianato tipico e artistico, la tipicizzazione dei prodotti agro-alimentari, la gastronomia tipica, e qualsiasi altro aspetto della cultura materiale e sociale.

Attualmente il Festival Della Canzone Arbereshe risulta istituzionalizzato  con la legge 15 regionale del 2003, di questo parleremo nella seconda parte.

Quindi è una cosa seria, tutta “l’apparenza” che ruota con l’effimero non produce bene.

Selfarsi, per dire io c’ero, non crea mentalità collettiva identitaria,  ne crea il Festival di San Remo, crea solo, il paolino di turno.

Mille scatti di selfi  e di foto alla “Paolino” non fanno raggiungere standart  da star Holliwoodiana, ne a creare un Paul Newman, né riempire di prestigio i numerosi tifosi del mettersi in mostra.

Ci vuole un gran lavoro dietro un Festival e soprattutto quando è finanziato con i sodi pubblici di tutti quanti noi, perché con i soldi propri, ognuno può fare quello che vuole.

Il Festival della Canzone Arbereshe per le sue specifiche finalità valoriali non può essere una “Prenotazione Last Minute” riassunto dentro qualche ora tra passerelle, ricchi premi  da tredicesime d’oro estive e papion.

Cosa bisogna fare per cambiare questo zibaldone artistico improduttivo?

Cosa bisogna fare per migliorare il Festival della Canzone Arbẽreshe?

 

PROPOSTA

La mia proposta non ha dell’assoluto ma, impone una pausa di riflessione e di serio dibattito.

Il Festival non permette velocità a senso unico e con un solo macchinista ma, permette di far respirare a tutti, per poter coglier gli aspetti contenutistici e quelli in prospettiva futura, denunciandone le fragilità.

Comprendiamo bene il possesso “del giocattolo è mio e guai a chi me lo tocca”, almeno giocate culturalmente  bene, seriamente bene, ascoltate i suggerimenti di chiunque. Fermatevi un po’, rilassatevi, in fondo non si chiede tanto, solo un lungo respiro e una pausa che separi il respiro retorico, per dirlo in chiave musicale, come il musicista di jazz pende fiato tra le varie suonate.

 Per riempire il contenitore Festival della Canzone Arbereshe nelle sue finalità culturali e strutturali, occorre per prima cosa, avere l’umiltà di :

 

  • RIAVVOLGERE IL NASTRO e contare sulla politica dell’ascolto e riflettere sulle finalità secondo l’ideatore del Festival avv. Giuseppe D’Amico e soprattutto ricordarsi che il Festival della Canzone Arbẽreshe è di tutti.

     PIANIFICARE il Festival della Canzone Arbẽreshe significa riempirlo di contenuti culturali e        strutturali individuando un:

COMITATO FESTIVAL regolato dall’ordinamento civile italiano e disciplinato negli art. 39 e 42 del Codice civile che sceglie, insieme al parere dell’Assessorato Al Festival del Comune di San Demetrio Corone, le figure annuali del Direttore Artistico e Direttore Organizzativo;

UN DIRETTORE ARTISTICO

qualcuno che sappia veramente di che cosa si stia parlando per avere una idea chiara di quello che si vuole andare a fare , sicuramente convinto di mettere su una squadra nei vari comparti, di persone umilmente competenti che abbiano motivazioni e passione.

Un direttore artistico capace e rispettoso delle discipline demo-etno-antropologiche nelle dinamiche di quella che dovrebbe essere la cultura del Festival della Canzone Arbẽreshe. Definisce insieme al direttore organizzativo le risorse necessarie, economiche, professionali ed organizzative dopo aver individuato il luogo adatto alla manifestazione (la location).

Il direttore artistico valuta e seleziona le canzoni e lo spettacolo da proporre, cerca le professionalità tecniche più adeguate per definire il contenuto della campagna promozionale e si occupa contattare enti pubblici e soggetti privati che favoriscono la crescita dell’iniziativa.

Segue le prove  e verifica anche tutti gli aspetti tecnici dell’acustica e del sonoro luci, riprese, scenografie e garantisce tutto il materiale per elaborare le proposte  di convegni e rassegne per soddisfare tutti gli obiettivi finalizzati all’essistenza del Festival e soprattutto a promuovere il nostro patrimonio materiale e immateriale a fini culturali e turistici e a porre le basi per  garantire un tassello nel mosaico del comune sforzo di non perdere la lingua, una nicchia di sopravvivenza, arginando lo spopolamento in atto nei nostri paesi arbẽresh.

Al direttore artistico spetta il compito dell’innovazione e la scelta delle belle canzoni senza le cretinate degli insindacabili giudizi di fantomatici comitati, mai esistiti, o meglio infornati a tarallucci e vino.

UN DIRETTORE ORGANIZZATIVO,

 definisce possibili sinergie con il direttore artistico ed insieme fanno partire la struttura del Festival della Canzone Arbereshe, già definita nella sua parte giuridica , con un luogo fisico definito e una stanza dove poter andare a bussare alla porta alla bisogna. Un luogo comune che non richieda ulteriori presenze  di gestione ma inglobi essenzialmente il materiale tecnico-amministrativo adeguato e programmato al suo format.

Se dovesse capitare come sede istituzionale il Comune di San Demetrio Corone, tanto meglio, perché utile e sussidiaria risulterebbe la presenza dell’Assessorato creato per il Festival che, rispettoso della grande tradizione della filosofia classica che sostiene la parola politica, garantirà sicuramente il patrocinio istituzionale e le risorse per l’attuazione, nonostante Il Festival Della Canzone Arbẽreshe risulti finanziabile con un articolo della legge 15 del 2003 regionale calabrese, legge sulle minoranze linguistiche.

Se fosse il Comune di San Demetrio Corone unico a gestire, cosa discutibile, dovrebbe indire, in ogni caso, una sorta di gara aperta a tutti per individuare soggetti con comprovate esperienze curriculari a formare  un Comitato Festival e mantenere lontano i residuati galoppini proni ai politici.

Intanto bisogna dire che gli obblighi del Comune dovrebbero essere tantissimi per un Festival istituzionalizzato grazie alla pressione del Comitato storico sull’0n. Guagliardi, ideatore della legge 15 regionale sulle minoranze. Parleremo nella seconda parte

  • UN REGOLAMENTO

Per rispetto alla storia, prima di tutto bisogna decidere che tipo di Festival fare, quello voluto dall’ideatore o quello desiderato per soddisfare altre esigenze.

Se si vogliono rispettare le nobili finalità in origine allora sarà meglio rivedere l’art n°1: Possono partecipare al Festival gli autori di canzoni inedite esclusivamente in lingua Arbẽrisht / Italo-albanese. La lingua Shqipe può attendere ancora dal momento che parliamo e dobbiamo ancora salvare l’ ARBERISHT, ma, soprattutto perché, è “ Festival della Canzone Arbẽreshe” e sono auspicabili partecipazioni dai balcani,  dietro una preventiva e strategica tutela dell’Arberisht, altrimenti  prendiamo in giro noi e lo Stato Italiano, e non è serio.

LO SPARTITO MUSICALE

C’è tanta complessità in uno spartito musicale completo, comunque, la canzone presentata dovrebbe essere corredata dal proprio spartito musicale, o dalle chiavi del pentagramma oppure da  giri armonici di riferimento, se si vuole fare sintesi di cultura. Spetta al Direttore Artistico e al presidente del Comitato Festival firmare le comunicazioni di interesse, altre firme aggiuntive sarebbero incomprensibili.

GIURIA

Bisogna decidere, se continuare a tarallucci e vino oppure creare una giuria che rispetti gli obblighi e gli obbiettivi istituzionali di un festival serio.

Senza voler mancare di rispetto all’intelligenza di tutti i componenti della giuria succedutisi in tutti questi anni , viene  spontaneo avanzare dei dubbi  sulla loro concreta incisività, visto il deludente risultato dal punto di vista etnografico che strutturale di una giuria. Sono noti a tutti, i motivi sull’abbondanza di giurati.

Una decina di figure competenti in giuria a questo festival sarebbero la soluzione ideale a salvare i contenuti, e poi libertà ad altre miriadi di giurie sparse ovunque, voti dal pubblico e con tutti i mezzi a disposizione a gogò etc.;

importante è capire la “ PASTA” della  serata e a “ COSA” servirà il giorno dopo.

Sindaci, assessori, gli amici degli amici non si invitano per fare numero in giuria, loro vanno ,comunque, invitati ufficialmente.

Occorre un piccolo sforzo empatico e sinergico per incidere e lavorare bene per favorire finalità condivise e non presunte.

Tolta la numerosa giuria, tolti i famigliari dei concorrenti, qualche appassionato esterno o rientrato per le ferie, tolto lo spazio regale che lasciate, tolte molte sedie vuote, di numeroso pubblico neanche l’ombra. Il pubblico che passeggia oltre i confini del piazzale S. Nilo (ricordatelo ogni tanto) è più interessato ad altro che al Festival.

 OSPITI

A San Demetrio Corone  ogni ospite  è benvenuto  in tutta la sua  performance artistica. La musica ha un suo linguaggio ed è piacevolmente recepito, forse quello che non viene recepito bene è il commento forzato a giustificare la presenza di un determinato artista nel nostro contesto. Ecco perché decidere che tipo di festival fare, perché è un terreno complesso  ed è facile scivolare.

Non può sfuggire a critici  ed opinionisti in materia l’uso convenevole che si fà della  parola CONTAMINAZIONE, abusata, logorata e consumata e tipica da mestieranti, che dice tutto e niente. La mente ci trasporta a padre Cristofaro di manzoniana memoria, ospite di Don Rodrigo, attorno ad una tavola imbandita, portava tutte le strade a Roma; faceva convergere temi diversi su un punto a lui noto, sono espedienti vecchi.

 INNOVAZIONE

Difficile innovare, quando non si è mai partiti, eppure già dai primi anni fanno capolino un paio di canzoni con essenze di rinnovamento generazionale; ne conosco almeno 5 canzoni tra le quali, IKE melodia moderna a beguine sincopata, la musica HIP HOP del RAP di una altra canzone partecipante, la stessa MOS ME Cai  oppure SOT U SGJOVA .

Se si parla di  nostre contaminazioni musicali sulla scia della WORLD MUSIC degli anni fine 80, fatta di musica popolare, di tradizione etnica e folk è un discorso sempre piacevole,  anche sui suoni percussivi, un po’ anzianotti. Diversa e la contaminazione, sempre egregiamente e con successo innovata e rappresentata bene nelle molteplici versioni, dagli amici della PEPPA MARRITI BAND.

Si fa sempre in tempo a cercare contenuti, prospettive e innovazione al Festival.

PER RIGENERARE BISOGNA DECIDERE CHE TIPO DI FESTIVAL FARE E STABILIRE IL SUO PERCORSO SERIO.

Fin quì la critica sulle evidenti carenze di base del festival

Però bisogna parlare anche dei tanti aspetti positivi, anche se non sufficienti a colmare il vuoto del contenitore festival.

Certamente in questi ultimi 30 anni non solo note stonate, perché grazie al settore dei cantanti partecipanti, anche se cercati con il lumicino, si è comunque avvertita la prossimità di una lingua diversa. Sono tantissime le belle canzoni presentate da voci esperte e musicisti all’altezza, a parte i mestieranti. Tutto il comparto andrebbe organizzato.

CONDUZIONE

 Per la presentazione del Festival non c’è molto da dire, almeno positivo dal punto di vista estetico. Sempre eleganti  i conduttori e le conduttrici.

Quello che potrebbe preoccupare è la carenza di dettagli e l’uso ripetitivo di sinonimi di un vocabolario striminzito e già noto dai primi anni, come se, veramente il Festival della Canzone Arbẽreshe si fosse fermato 30 anni fa senza nessun progresso.  Ma è normale quando non si è pianificato nulla.

Riempire dell’essenziale non significa solo la scaletta indice e l’uso sfrenato di aggettivi superlativi, ci vogliono contenuti come i punti chiave.

Non c’è mai stata una ossatura del lavoro che necessitava.

Su molti altri aspetti  ci occuperemo la settimana prossima, non escluso l’aspetto del preliminare giuridico in atto , partendo dalla domanda che sorge spontanea:

DI CHI E’ IL FESTIVAL?

 

……… e la storia continua………..